RIENTRO E RIFLESSIONI

Sono tornata da 10 giorni, e ancora una volta ci metto un pò a metabolizzare il rientro.
Quest'anno i 30 gradi di sbalzo della temperatura si sono fatti sentire: influenza e raffreddore appena arrivata.
Qualche sera fa, a due giorni dal rientro mi hanno fatto una domanda che è poi quella che mi faccio io dall'anno scorso: perchè corsi di italiano? Intendo dire, con tutto quello che manca in un paese come il Burkina, che se ne fanno dell'italiano? Ci combatto dall'anno scorso con questo quesito e la risposta più banale è che purtroppo non sono un medico, un ingegnere o un agronomo, e faccio quello che posso fare. 
Uno potrebbe dire "E allora che ci vai a fare? Non porti niente di utile, quindi potresti restartene a casa e lasciar andare chi può fare qualcosa davvero". E una parte di me dice che avrebbe del tutto ragione. 
Un'altra parte però ci prova timidamente a dire la sua. Perchè bisogna dare solo le cose essenziali? Perchè non dare anche a loro la possibilità di imparare qualcosa che forse sarà superfluo ma che arricchisce comunque il loro bagaglio culturale? Perchè sono davvero convinta che sapere - qualunque tipo di sapere - sia potere.
Ovviamente parlo di persone che vanno all'università e che quindi il problema del cibo - di solito - non ce l'hanno.
Perchè devono accontentarsi della sopravvivenza?


Questo avrei voluto rispondere l'altra sera, quando con una birra in mano un tizio mi ha chiesto che se ne facevano dei corsi di italiano in Burkina. E invece ho alzato le spalle e ho fatto un sorrisino...

Commenti

  1. Inutile dare spiegazioni a gente che fa certe domande a volte, ma forse bisognerebbe rigirargli la domanda e chiedere: e tu cosa fai, di concreto, per cambiare il mondo?
    Io rispondo così quando mi chiedono perché io e la mia famiglia ci dedichiamo ad aiutare il canile di mia sorella.
    Sono cani, mica persone - mi dice tanta gente.
    La mia risposta è in generale questa

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